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Anno: 2020
Etichetta: 180g
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Strana specie gli esseri umani. Controversa, perlomeno.

Siamo capaci di distruggere ogni cosa, di distruggerci con ogni cosa, di utilizzare le nostre capacità intellettive e combinatorie per produrre esiti così devastanti e rivoltanti a livelli tali che risultano nella loro assurdità più facili da mettere in pratica che descrivere;

eppure, con queste stesse capacità, con queste stesse modalità, produciamo combinazioni altrettanto indescrivibili ma di segno opposto: belle, vive, sane.

Ma ora, veniamo alla domanda che mi pongo io stesso in questo istante: perché tutta questa introduzione che potrebbe benissimo fare da incipit a un instant book dal titolo “La fiera delle banalità Vol.1”?

Perché, oggettivamente, la situazione qui è complessa da descrivere.

Capiamoci:

un gruppo di 10 soggetti e soggette giapponesi tira su un gruppo che utilizzando sia strumenti tradizionali sia strumenti in bamboo da loro stessi autoprodotti mescola della musica tradizionale giapponese detta “Ohayashi” con funk, samba e musica world/afro di vario genere.

Ora, potete anche voi osservare come la mia frase evidenzi la presenza contemporanea di alcune complessità non indifferenti che mi rendono decisamente difficile descrivere quello che sto ascoltando.

Praticamente mi ritrovo ad avere nelle orecchie delle voci maschili e femminili che cantano in una lingua per me assolutamente incomprensibile mentre intorno suona una musica che pare nata da un gruppo di giapponesi naufragati 20 anni fa in Brasile (o il contrario).

Ebbene, perché impegolarmi nel tentare di descrivere e di scrivere di tutto ciò?
Perché è una delle sonorità più improbabili che ci si potrebbe mai immaginare, ed è bellissima.

Non ho la più pallida idea di che cosa dicano; magari sono frasi di commiato, magari stanno leggendo uno scontrino.
Non ne ho idea e forse in questo caso mi importa relativamente: l’unica cosa che capisco di questo disco quando premo play è che nonostante tutto gli esseri umani sanno essere qualcosa di meraviglioso e vivo, e che questi per me sono suoni che celebrano la vita e la voglia di viverla.

Qui, io mi arrendo: schiacciate Play, e vedetevela voi.


samba  ohayashi  afro  funk  tradizionale