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Anno: 2020
Etichetta: Mvka
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La mia mamma mi ha insegnato a non giudicare gli album dalla copertina, ed essendo che recenti studi statistici dimostrano che la mia mamma ha ragione molte più volte di quelle che ho sempre pensato, soprattutto in tutti quei momenti in cui non l’ho ascoltata, ho deciso di provare a invertire la tendenza.

Quindi, evito di giudicare gli album dalla copertina; ma un conto è il giudizio, un altro è l’attrazione che, inevitabilmente, un prodotto grafico di alta qualità suscita in me e che, altrettanto inevitabilmente, in questo mare magnum che è la musica sul web mi spinge più volentieri a preferire un disco a un altro nel procedere dagli occhi alle orecchie con l’esplorazione. L’abito non fa il monaco ma anche l’occhio vuole la sua parte e seppur una sola rondine non faccia primavera è possibile che chi va con lo zoppo inizi a zoppicare: insomma dimmi con chi vai e ti diro chi sei.

Questo excursus nella cultura popolare per dire che un giorno, mentre il mio puntatore solcava i mari infiniti dell’internet musicale, si imbatté in un’immagine dall’impatto devastante: sfondo nero, due manganelli bianco latte disegnano una croce rovesciata. In basso a sinistra, il titolo e il suo font sottile, discreto ma sveglio e attivo, chiudono la manata in faccia: WAKE OF A NATION.

Non è necessario essere esperti di politica internazionale per intuire di cosa si tratta. Click, cuffie, play. Un piano leggero crea una stanza di cristallo nella quale iniziano a riecheggiare parole oggi tristemente famose, come i nomi delle persone che le hanno pronunciate prima di essere uccise. La batteria entra, piena e perfettamente tornita: i muri di cristallo iniziano a incrinarsi. Non siamo più qui per piangere ancora. La seconda traccia entra, la batteria è un cuore infuocato che fa esplodere la stanza (la gabbia?) in mille frammenti sospinti da scintille. Il vento freddo della realtà entra e accarezza le fiamme: non siamo più qui per piangere ancora. WAKE OF A NATION.

Manuel Gagneux usa 4chan per ottenere pareri rapidi e brutali sulla sua musica, e per porsi delle sfide. Sfide del tipo “Nominate due generi musicali, e provo a realizzare un pezzo che li fonda insieme”. Così, nel baratro sconfinato che è la rete e che trova in portali come 4chan l’estremizzazione totale delle sue caratteristiche, nel bene e nel male, mentre un utente commenta suggerendo “death metal” un altro dalle unte comodità della sua tastiera e del suo schermo (nel suo significato materiale e simbolico di barriera) aggiunge “nigger music”. Già. Lo riporto senza censure, perché magari c’è ancora chi pensa che nel 2020 certe cose non accadano più per davvero.

Manuel, che è in parte nero, a questo punto avrebbe potuto legittimamente incazzarsi, chiudere la questione, magari anche allontanarsi da quella fogna che è 4chan. Invece, decide di fare qualcosa che un razzista non sarebbe mai in grado di fare date le sue ridotte capacità intellettive, o la sua volontaria chiusura mentale: decide di trasformare l’energia negativa chiusa in commento che avrebbe voluto essere offensivo, discriminante, oppressivo, svilente in qualcosa che abbia l’effetto opposto. Liberatorio, fiero, inclusivo, attivo. Zelo e Ardore. E inizia il viaggio.

La testa di Manuel parte. Pensa alle sonorità, dal black metal al gospel, al blues, agli spirituals. Pensa ai contenuti: da una musica spesso legata alla venerazione del diavolo, a una invece fortemente legata alla religione. Una religione che però, riflettendoci bene, fu imposta agli schiavi deportati in America, insieme alla loro condizione di schiavitù. E da questa riflessione, l’ipotesi di un atto rivoluzionario: e se le comunità africane deportate si fossero ribellate e avessero iniziato a venerare il diavolo?. La risposta diventa un nome, quello del primo disco: Devil is fine. Il progetto cresce, parla, urla: lo spazio per le canzonette è finito, la realtà è violenta, il razzismo è violento e violenti, consapevoli di tale violenza e pronti a trasformarla in arma, sono la musica e i testi degli Zeal & Ardor. Rivalsa, ribellione, riappropriazione, conflitto: del resto, non era di certo il diavolo quello che proponeva di porgere l’altra guancia.

Anche perché i dannati della terra le guance di cortesia le hanno legittimamente terminate. E, come diceva Voltaire (visto che tanto pare gli si possa far dire un po’ ciò che si vuole), “Non sono d’accordo con te, e darei la vita per impedirti di continuare a vomitare merda razzista in questo mondo, a far finta che la tua sia un’opinione come un’altra, ad aspettare che qualche legge arrivi con tutta calma a riconoscere il fatto che il razzismo c’è e uccide.”

Lucifero
agg. e s. m. [dal lat. lucĭfer -a -um, comp. di lux lucis «luce» e -fer «-fero», calco del gr. ϕωσϕόρος]. – 1. agg., letter. In senso etimologico, che porta la luce, che dà luce.


La luce arriva al mattino, e al mattino ci si sveglia.
WAKE OF A NATION.


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